«Non mi stupisce che abbia dovuto trascinarti fuori dalla sua macchina, pare proprio che tu..» S'interruppe, stringendo le labbra.
Socchiusi gli occhi. «Cosa? Finisci la frase.»
Contrasse la mascella e fece un profondo respiro. «Niente. Sono incazzato e stavo per dire qualcosa di brutto, che non penso.»
«Prima non ti trattenevi mai.»
«Lo so. Ci sto lavorando», rispose dirigendosi verso la porta. «Ti lascio vestire.»
Raggiunta la maniglia, si fermò e si sfregò il braccio. Non appena le dita toccarono la chiazza violacea che aveva sotto la pelle, Trevis sollevò il gomito e notò il livido. Lo fissò per un istante e si voltò verso di me.
«Ieri sera sono caduto dalle scale. E tu mi hai aiutato ad andare a letto..» disse, passando al vaglio le immagini confuse nella sua mente.
Il cuore mi martellò nel petto e deglutii con forza quando capii che stava ricordando. Socchiuse gli occhi. «Noi..» fece avvicinandosi di un passo, guardando prima l'armadio e poi il letto.
Scossi la testa. «No. Non è successo niente.»
Uno splendido disastro
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