Quella sorta di gioco e lotta in acqua aveva finito per legarli insieme, contro le mattonelle lisce e fresche della piscina. Rimasero immobili, i corpi caldi vicini, i muscoli tesi, come se quel contatto non fosse abbastanza, anelanti a qualcosa di più intimo, che oltrepassasse la pelle e poi la carne, per fonderli in un solo essere. I respiri ansanti danzavano davanti alle bocche che si sfioravano, tormentando le rispettive labbra in un richiamo carnale che nessuno dei due avrebbe potuto ignorare troppo a lungo.
L’acqua tiepida gli lambiva la base del collo, solleticando la nuca come dita invisibili. Ma era la profondità e l’intensità di quelle iridi spietatamente belle, dal colore del miele caldo, a fargli correre una scia di brividi bollenti lungo la schiena, rendendolo totalmente incapace di distogliere lo sguardo, come fosse suo prigioniero.
E, in un certo senso, lo era.
Il ritmo incalzante della musica rimbalzava da una parete all’altra, diffondendosi a volume elevato, scandendo il battito furioso del suo cuore mentre sollevava una mano che riemerse lenta dall’acqua.
L’altro la intercettò prima che arrivasse a sfiorargli le ciocche umide, che gocciolavano intorno al viso in maniera quasi ipnotica. Pensò che volesse uccidere quella carezza mentre quasi uccise lui, quando allacciò le dita alle sue in un gesto così inaspettatamente dolce da mozzargli il respiro.
L’attimo dopo erano lì, a cercarsi, ad azzerare l’ultima distanza con bisogno, con un impeto violento e implacabile. Con le labbra subito impegnate in una nuova lotta. Si arrese, quando lui lo reclamò insinuando la lingua nella sua bocca, impaziente di accoglierlo e possederlo. Lo avvolse in quel calore umido, lasciandosi catturare e coinvolgere in un bacio appassionato dal quale si sottrasse qualche istante, soltanto per aggredirlo a sua volta, affamato e avido, spingendolo ad invocare mentalmente che una tale deliziosa tortura, non avesse fine.
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