Due silenzi diversi, con due toni distinti. Ma avevano una cosa in comune: un mare di grigio e di dolore.
Mi fermai davanti alla soglia della camera.
La sua parte dell'armadio era completamente vuota. Fu uno shock terribile. Non avrei mai immaginato che pochi cassetti vuoti potessero conservare tanto delle cose che prima contenevano, e neppure che fosse possibile travasare una vita intera in valigia in così poco tempo.
L'uomo al telefono mi stava supplicando, e io non riuscivo a staccare gli occhi da quei sei cassetti aperti a metà, l'uno sopra l'altro... Come una scala di desolazione.
Mi avvicinai al comodino di lei. Aprii i cassetti, che in genere traboccavano di cianfrusaglie. Nessuno di quegli oggetti era importante, forse. Io però ritenevo sempre che, se qualcosa finiva dentro un comodino, voleva dire che aveva superato la giornata, accompagnandoti fino al letto, al sonno e alla notte, per cui era preziosissimo.
Quando entravo nella stanza di un bambino scomparso, per prima cosa andavo a controllare il comodino: lì c'erano le cose più importanti della sua vita e del suo piccolo mondo.
E quelle di lei erano sparite.
Quel comodino non conteneva più nulla. I due cassetti erano completamente vuoti.
Al telefono, il padre continuava a rilanciare sulla cifra. La sua voce, quantomeno, era un appiglio in tutto quel vuoto.
«D'accordo» dissi infine.
«Grazie, grazie, grazie..» prese a ripetere lui.
Non so quanti "grazie" arrivò a dire. Stavo infrangendo le regole e ne ero consapevole, ma oramai non aveva importanza. L'unica cosa di cui ero sicuro era che non potevo passare una sola notte in quella casa piena di cassetti vuoti, mezzi aperti.
La sola idea mi dava il panico. Un terrore folle.
«Dove vivete?»
Non era una domanda a caso: avrei preferito che quel bambino fosse scomparso in una città diversa dalla mia. Avevo bisogno di andare lontano, in un posto dove l'odore della perdita non potesse raggiungermi.
Se mi chiami mollo tutto.. però chiamami
Albert Espinosa
Giudizio: 😊💓
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