E c’era qualcosa che rendeva quel silenzio ancora più
inquietante. Il fatto che Paul Hanningan potesse scomparire dalla faccia della
terra senza destare il minimo interesse o preoccupazione andava contro tutto
quello che mi avevano insegnato sulla sacralità della vita umana.
Non avrebbe dovuto essere così. La morte di anche solo una
persona, di un individuo, indipendentemente da quanto fosse insignificante la
sua esistenza, era qualcosa di molto serio. Il nostro insegnante di religione
una volta ci aveva chiesto: «Immaginate
di poter porre fine alla vita di uno sconosciuto semplicemente premendo un
pulsante dalla vostra poltrona, Nessuno vi scoprirà né vi punirà. Lo fareste?
Premereste il pulsante? ». Avevo risposto con un deciso «no» perché ero
convinta che la scomparsa di anche un solo individuo fosse un fatto molto
grave, che in qualche modo impercettibile ma profondo la struttura
dell’universo sarebbe cambiata in peggio se quell’ipotetico sconosciuto fosse
morto.
Eppure Paul Hanningan era sparito dalla faccia della terra
e, apparentemente, non era cambiato proprio nulla. La vita continuava come al
solito. La sua scomparsa non era stata riportata dai giornali nazionali e nemmeno su quelli
locali. Paul Hanningan non si era meritato nemmeno due righe in mezzo ai
progetti comunali per l’ampliamento della biblioteca, al successo della
lotteria del Rotary Club o all’apertura di due nuovi take away “di qualità”
nella zona commerciale.
Topi
Gordon Reece
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