«Ti dico che ho bussato.» Marv punta il dito contro Ritchie. «Non m'importa di quello che dici tu.»
«Ha bussato?» chiede Ritchie a me.
«Non me lo ricordo.»
«Audrey?»
Lei ci pensa un momento. Marv adesso deve pescare quattro carte. Funziona così, a Noia. Resti con due carte e bussi. Se ti dimentichi di farlo prima di mettere giù la penultima carta, devi pescarne quattro. Marv se ne dimentica spesso.
Ha lo sguardo accigliato, mentre le prende, ma in realtà sta tentando di non ridere. Sa benissimo di non aver bussato, ma ci prova sempre. Fa parte del gioco.
Siamo da Audrey, sul suo balcone. È buio e le luci sono accese, e la gente solleva lo sguardo quando passa davanti alle case a schiera. Abita nella via dietro l'angolo, rispetto a dove abito io. Un po' malfamato, ma abbastanza carina.
Durante la prima ora, osservo Audrey, e mi rendo conto di essere nervoso con lei, perché l'amo. Sono nervoso perché a volte non so che cosa fare. Che cosa dire. Come faccio a trovare le parole, quando sento crescere quel desiderio così forte? Come reagirebbe lei, se sapesse? Credo che sia un po' delusa da me, perché sarei potuto andare all'università e invece guido un taxi. Ho letto l'Ulisse, Dio Santo, e metà delle opere di Shakespeare. Ma sono ancora un caso senza speranza, un essere inutile e in pratica senza uno scopo. Capisco perché non riesca a vedersi con me. Eppure, l'ha fatto con altri che non sono messi tanto meglio. A volte è troppo persino pensarci. Pensare a quello che hanno fatto insieme, a quello che si prova, e al fatto che non mi consideri perché le piaccio troppo.
Però lo so.
Che da Audrey non vorrei soltanto sesso.
Vorrei provare la sensazione di fondermi con lei, anche soltanto per un attimo, se non mi è concesso altro.
Mi sorride, quando vince un giro, e le sorrido anch'io.
Desiderami, la supplico, ma non succede niente.
Io sono il messaggero
Markus Zusak
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