Lancia il sale e si pulisce le mani sul grembiule. Mi chino per raccogliere il contenitore mentre lei si abbassa per pulire il sale da terra. E’ un attimo, ci urtiamo con la testa. Lei si preme una mano sul punto dolente e io mi ritrovo ad accarezzargliela. Le domando se sta bene, le porgo le mie scuse. Ci rialziamo in piedi e, per la prima volta, la vedo ridere.
Santo cielo, è bellissima, anche se la sua risata è incerta, sembra che stia per scoppiare a piangere da un momento all’altro. Una volta uscivo con una ragazza con un disturbo bipolare. Poteva essere tanto euforica da voler conquistare il mondo e subito dopo talmente depressa da non voler nemmeno alzarsi dal letto.
Mi chiedo se il giudice Dennett, da quando è iniziata questa storia, abbia mai messo almeno una volta un braccio intorno alle spalle della moglie per dirle che si sarebbe sistemato tutto.
Quando si riprende, le dico: «Immagini che Mia ritorni stasera, che si presenti alla porta e non ci sia niente da mangiare».
Scuote il capo. Non riesce proprio a immaginarselo.
«Perché ha scelto di fare il detective?», mi domanda.
Niente di speciale nella mia scelta. Mi pare quasi imbarazzante.
«Mi hanno promosso perché ero un buon agente. Ma sono diventato poliziotto perché un compagno di università aveva deciso di iscriversi all’accademia di polizia. Non ho saputo far altro che imitarlo».
«Però le piace il suo mestiere».
«Sì, mi piace».
«Non è deprimente? Io non riesco a sopportare i telegiornali della sera».
«Anche noi abbiamo brutte giornate», le dico, ma poi mi accingo a elencare tutti gli aspetti positivi che mi vengono in mente. Far chiudere un laboratorio di metanfetamine. Ritrovare un cane smarrito. Acciuffare un ragazzino che va a scuola con un coltello nella borsa. «Ritrovare Mia», concludo, ed evitando di dirlo ad alta voce penso: Se riesco a liberala e a riportarla a casa, se riesco a risvegliare la signora Dennett dall’incubo in cui vive, vale la pena di fare il mio lavoro. Dimenticherei tutti i casi irrisolti , tutte le malefatte che succedono ogni giorno uin questo fottuto mondo.
Lei torna a occuparsi delle lasagne. Le spiego che vorrei porle alcune domande. La osservo versare la pasta, la carne e il formaggio in un tegame, mentre parliamo di una ragazza di cui appaiono magicamente sempre più foto in giro per la casa ogni volta che varco la porta d’ingresso.
Mia che sorride mezzo sdentata al suo primo giorno di scuola.
Mia con un bernoccolo enorme sulla testa.
Mia con il costumino e le gambette magre in bella vista, coi bracciali come salvagente.
Mia che si prepara al ballo studentesco di fine anno.
Nemmeno due settimane fa, non si sarebbe neanche detto che Grace Dennett avesse una sorella minore. Adesso sembra che Mia sia l’unica presenza in questa casa.
Una brava ragazza
Mary Kubica
Giudizio: 😊
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