Buio. Niente rumore. Il vento, fuori, scuoteva le tapparelle cercando di entrare. Romano, nell'oscurità dell'ingresso, ascoltò pensando che anche se ti metti fermo, al buio, le case cambiano rumore; ora c'era lui, ma prima non c'era nessuno. Nessuno. Quella casa era vuota. L'utente da lei desiderato non è raggiungibile.
Tirò un profondo respiro e accese la luce. Niente pareva cambiato. Tutto come al solito, i soprammobili, l'attaccapanni, il tappeto. Tutto uguale. Niente odore di cena, però. Niente sottofondo di televisore acceso. Niente rumore di stoviglie. Niente bacio.
Tolse il soprabito, lo appese. Gli sembrava di muoversi sott'acqua, i gesti lenti, misurati. Poteva sentire il cuore pulsargli forte in gola, nelle orecchie, con un frastuono insopportabile.
La sala. Come supponeva, la tavola non era apparecchiata; nessuna traccia d'amore, né nell'aria né altrove. O meglio, qualcosa c'era: proprio quello che aveva immaginato per tutto il giorno sotto il livello della consapevolezza, costruendo l'immagine dettaglio per dettaglio, fotogramma per fotogramma a ogni tentativo di telefonata andato a vuoto.
Un foglio.
Piegato in due, al centro del tavolo. Con una penna poggiata sopra, che presumibilmente era servita per scriverci qualcosa. Che cosa? La mente del poliziotto cominciò a formulare ipotesi, prima che l'altro dentro di lui, quello che ogni tanto prendeva il volante, si mettesse a sghignazzare scomposto: che cazzo immagini, coglione? Immagini perché non hai il coraggio di toccare quel foglio, sollevarlo e leggerlo. E poi ti ci pulisci il culo, magari.
Allungò la mano e prese la lettera. Una smorfia, quando riconobbe la grafia della moglie; in memoria delle tante volte che l'aveva presa in giro per quella scrittura tonda, come quella delle adolescenti.
E se non leggessi?, pensò. Se l'accarocciassi e la buttassi via? Forse potrebbe tornare tutto come prima...
Invece cominciò a leggere.
E andò fino in fondo.
I Bastardi di Pizzofalcone
Maurizio de Giovanni
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