“Stai attento, Furbetto,” lo provocai, emettendo un ringhio leggero di gola. “Io posso anche essere una lingua lunga, ma mi sembra che sia tu quello che parla. Provocarmi in quel modo quando non ero altro che un ragazzino impressionabile, non ti sembra un’azione moralmente riprovevole?”
“Forse… Ma almeno io non ti ho attirato con belle parole in questo mondo perverso; cosa che tu invece hai fatto con me questa notte. O sbaglio?” Ridendo, mi slacciò i jeans, senza mai distogliere gli occhi dai miei. “E da dove sono saltati fuori questi nomignoli?”
"Sei stato tu a cominciare," risposi, spingendolo verso il letto. Le sue gambe urtarono il materasso e lui vi cadde lungo disteso, con i jeans calati fino alle caviglie.
“Quanti anni hai, cinque?” mi rimproverò, sorridendo.
Si potrebbe pensare che qualcuno con il culo all’aria in quel modo non dovrebbe essere tanto insolente, e invece… ‘ bastardo compiaciuto!’
D’altronde, dovevo proprio ammettere che, da quello che vedevo dalla mia posizione privilegiata, aveva tutte le ragioni per vantarsi.
“No, ne ho ventuno. E tu invece, cinquanta?” Riconosco che quello fu un colpo basso, molto basso: era vero che qualche volta parlavo senza collegare il cervello alla bocca. Per impedirgli di cambiare idea dopo quel commento disgraziato, mi tuffai sul letto, sopra di lui. La sensazione della pelle liscia del suo petto contro la mia era incredibile, e riuscivo persino a sentire il suo battito echeggiare attraverso le nostre carni, anche se era più lento di quanto avrei desiderato.
Il mio cuore, invece, batteva il ritmo nel mio pene pulsante, che desiderava solo schizzare fuori dalla morsa dei jeans.
“Perché hai voluto sedurmi, se avevi paura che avrei avuto problemi a farlo alzare per darti piacere?” La luce maliziosa che gli brillava negli occhi mi colpì all’improvviso, e la mia mente cominciò a perdersi nell’aspettativa del piacere ormai prossimo, che si manifestò sotto forma di un pizzicorino nella zona dell’inguine.
“Uno studio comparato,” risposi impassibile.
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