Il posto risultò essere la statua di Alice nel paese delle meraviglie a Central Park, che come Amy mi aveva raccontato - me l'aveva detto, era sicura di avermelo ripetuto molte volte - da bambina non mancava mai di infonderle allegria. Non ricordavo che me ne avesse parlato. Sono sincero, non lo ricordavo affatto. Soffro di un leggero deficit dell'attenzione, e ho sempre trovato mia moglie abbacinante, nel senso letterale del termine: la sua intensità e la sua brillantezza mi confondono la vista, annebbiano le mie facoltà. Mi bastava esserle vicino e sentirla parlare, non sempre badavo a quel che diceva. Avrei dovuto, però non ci riuscivo.
Ora della fine della giornata e dello scambio dei regali veri e propri - che la tradizione impone siano fatti di carta allo scadere del primo anno di matrimonio - Amy non mi parlava più.
«Ti amo, Amy, lo sai che ti amo» le ripetevo, seguendola tra i turisti piantati in mezzo al marciapiede, ignari e con l'espressione imbambolata. Amy scivolava tra la folla di Central Park destreggiandosi tra maratoneti dagli occhi laser e pattinatori dalle gambe a forbice, genitori in ginocchio e bimbetti che barcollavano come ubriachi, sempre avanti a me, a labbra strette e a passo svelto, senza meta. Io cercavo di raggiungerla, di prenderla per il braccio. Alla fine si fermò e mi ascoltò impassibile, la sua espressione vuota un metaforico dito nella piaga della mia esasperazione: «Amy, non capisco perché per dimostrarti il mio amore dovrei ricordare le stesse identiche cose che ricordi tu, nello stesso modo in cui le ricordi tu. Il fatto che io non ci riesca non significa che io non ami il nostro passato insieme».
Un clown poco lontano gonfiava un palloncino a forma di animale, un uomo comprava una rosa, un bambino leccava un cono gelato, e intanto un'autentica tradizione nasceva, nostra soltanto e destinata a durare per sempre: Amy che strafaceva e io che non ero mai, mai all'altezza dei suoi sforzi. Buon anniversario, stronzo.
L'amore bugiardo
Gillian Flynn
Giudizio: 😊
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