Infatti il problema vero era proprio questo, che in giro c'erano mille cose da vedere, da vivere e imparare, ma io stavo piantato qua, fra una stanza di ospedale e il Villaggio Mancini. E quando non leggevo al babbo, quando non pedalavo fortissimo sulla bici per sentire il cuore che mi usciva dalle orecchie e il vento che mi rubava le lacrime, quando la mamma non mi stringeva nel suo abbraccio che mi toglieva il respiro e anche i pensieri, ecco, io mi sentivo tanto sperso e tanto, tantissimo solo.
Solo, sì, anche se a casa avevo un villaggio intero di zii, che già prima si erano promossi a nonni e adesso si comportavano pure da babbi. La solitudine è così, non devi mica essere solo per sentirla, ti prende anche in mezzo alla folla, perché quando ti senti solo davvero non è che ti mancano tante persone, te ne manca una, ma tanto.
E a me mancava il mio babbo, e lo sapevo che un giorno sarebbe tornato, ma i mesi passavano e quel giorno non arrivava mai.
E allora menomale che nel frattempo era arrivata nei miei giorni una novità clamorosa e appassionante, che mi era finita addosso per caso e anzi per sbaglio, come tutte le cose che ti cambiano la vita.
Il mare dove non si tocca
Fabio Genovesi
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